CANONIZZAZIONE

Congregazione
Sacra Famiglia di Nazareth
via E. Ferri, 73 25125 - Brescia

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CANONIZZAZIONE

 

 

San Giovanni Battista Piamarta.

Quando Madre Elisa Baldo volle presentare in poche ma dense pagine la figura di Padre Piamarta, cominciò col dire che le sembrava di vedere in lui contemporaneamente San Filippo Neri e San Vincenzo de Paoli. Filippo è l'apostolo della gioventù, Vincenzo è l'amore fattivo per i poveri. I giovani e i poveri sono stati i due grandi amori di Padre Piamarta,  amati e serviti con il brio e il cuore comprensivo e compassionevole  dei due santi.

Brescia nell'Ottocento: una città  dinamica
A Brescia, città  industriosa e in via di industrializzazione, nella seconda metà  dell'ottocento, si sviluppa un vigoroso movimento cattolico, teso a ridare Dio alla società  e la società  a Dio.
La diocesi di Brescia che aveva dato nell''800 grandi figure di 'santi sociali', dal Pavoni a Crocifissa di Rosa, vede ora sorgere un movimento, ad opera di sacerdoti e laici, con l'obiettivo di  rendere presente la Chiesa in una società  divisa dalla questione romana, sconvolta dalla questione sociale, scossa dai venti  anticlericali.
Questo gruppo di cattolici impegnati, ha come animatore  monsignor Pietro Capretti, 'la gemma del clero bresciano', un sacerdote esemplare e colto, che ha scelto, lui benestante, di vivere poveramente con i 'chierici poveri' a San Cristo, un monastero adattato a seminario, dal quale uscirà  un clero da lui formato, sensibile e attivo nei confronti dei poveri e dei loro problemi.
Se la punta avanzata del movimento cattolico bresciano è Geremia Bonomelli, futuro e prestigioso vescovo di Cremona, tra i laici emergono le forti personalità  del beato Giuseppe Tovini e di Giorgio Montini.
Il primo è un infaticabile e geniale promotore di nuove forme di cooperazione, di casse rurali, di istituti di credito a sostegno delle opere cattoliche, a partire da quella fondamentale  della presenza cristiana nella scuola.
Il secondo è l'avvocato Giorgio Montini, mente organizzativa e capo indiscusso, impegnato a promuovere la presenza dei cattolici nella politica, con quell'ampiezza di vedute che sarà  respirata in famiglia dal giovane  Giovanni Battista, futuro Paolo VI.
Di questo gruppo, dalle diverse posizioni nei confronti della nuova  Italia, fa parte anche l' umile sacerdote Giovanni Battista Piamarta, che come gli altri, saliva sovente  a San Cristo per confrontarsi con l'amico monsignor Pietro Capretti.
 
Una ferita mai rimarginata
 
Il giovane sacerdote saliva a San Cristo, per vedere come fosse possibile risolvere un problema che lo angustiava. Era 'curato', cioè aiutante del parroco, nella centralissima parrocchia di Sant'Alessandro, dove svolgeva un'intensa attività  tra i giovani, grazie anche al suo oratorio, al quale dedicava molto del suo tempo e delle sue energie. Era stimato per la sua pietà , amato per la sua carità , ammirato per la sua presenza rasserenante nei luoghi della sofferenza, dal letto degli infermi all'aiuto discreto a non pochi 'nobili decaduti'.
Eppure aveva una ferita al  cuore che non si rimarginava. Una ferita che veniva dalla sua fanciullezza.
Era nato in un quartiere popolare della città , nella parrocchia dei Santi Faustino e Giovita nel 1841 da famiglia povera. Mamma Regina era  una di quelle mamme che aiutano a crescere forti i loro figli, perché non la danno sempre vinta. Ma scompare presto, quando Giovannino ha solo nove anni.
Povero e orfano di madre, con il padre piuttosto assente, vivacissimo e trascinatore, conosce i pericoli della strada, dalla quale è salvato dal suo oratorio, dove incontra guide esemplari.
Fa il garzone presso un materassaio che lo prende a benvolere e, preoccupato della sua salute, lo invia in vacanza a Vallio, dove è notato dal parroco don Pancrazio Pezzana, che lo avvia verso il sacerdozio, dandogli personalmente le prime lezioni e trovandogli benefattori che gli permettono di continuare negli studi.
Ordinato sacerdote nel 1865 sarà  dato in aiuto proprio a don Pezzana, prima a Bedizzole, una parrocchia di campagna e poi in città  a Sant'Alessandro.
Sono anni in cui porta con sé la sua ferita di ragazzo abbandonato a se stesso,  una ferita che lo rende sensibilissimo a situazioni analoghe di ragazzi e giovani, che si perdono facilmente a causa del disinteresse altrui, dell'interesse pericoloso di adulti senza scrupoli, ragazzi che potrebbero fare bene se avviati sulla via del bene, che non possono mettere a profitto le loro capacità  per mancanza di preparazione, che potrebbero essere delle colonne di una società  più umana e cristiana, se accolti con amore da chi ha fede, se messi nelle condizioni di  formare una propria famiglia, loro che non conoscono l'affetto di una famiglia.
Sa di essere povero, ma sente che quella di accogliere e formare i giovani poveri  e abbandonati è la  missione che il Signore gli affida. E prega di non essere un servo inutile o pigro.  Comincia a parlarne con l'amico don Pietro Capretti, che lo sostiene e l'aiuta generosamente.
Nasce cosଠl'Istituto Artigianelli. Seguiranno poi la celebre  Colonia Agricola di Remedello in collaborazione con l'agronomo Giovanni Bonsignori, considerato l'apostolo della nuova agricoltura. Verranno  poi l'Editrice Queriniana,  la Congregazione Santa Famiglia di Nazareth e, assieme a Madre Elisa Baldo, le Umili Serve del Signore.
 
Nel terribile quotidiano
 
Si era messo su una via irta di triboli e spine, la via del terribile quotidiano che mette a dura prova la vita di buona parte delle persone: problemi economici assillanti, cose che non vanno come dovrebbero andare, difficoltà  di convivenza con persone difficili, responsabilità  educative nei confronti con ragazzi problematici, urgenza di aggiornarsi continuamente per non essere travolti dal progresso tecnologico, lotta con il proprio carattere non sempre facilmente domabile…
 
Scriverà  verso la fine della sua vita: 'Ho cominciato quest'opera e i contrasti e i dolori, le disillusioni e le indifferenze e gli abbandoni anche per parte di persone su cui si era fondato tutto l'appoggio morale e materiale, furono il mio pane quotidiano e continuano più che mai ad esserlo tuttora'.
'I dolori e le traversie d'ogni fatto, sono un pane avanzato dalla tavola di Gesù Cristo. Ed io in questi giorni, sto mangiandone la parte più dura'.
'Ma le opere di Dio non prosperano che all'ombra della croce ed anche a volere che esse diano frutti copiosi, conviene che noi le andiamo innaffiando dei nostri sudori, delle nostre lacrime e perfino del nostro sangue: basta guardare a Gesù' .
Come un padre non può abbandonare i suoi figli, cosଠdiventato  Padre dei suoi ragazzi,  affronta difficoltà  e umiliazioni di ogni genere. Per ciascuno di loro deve creare un posto in refettorio,uno in officina, uno in studio, in dormitorio, in ricreazione, in chiesa.
Vive con loro e per loro, pensando al loro futuro di lavoratori preparati, di cristiani convinti, di cittadini onesti.
 
 
Le fonti del sapere e dell'azione per vivere la nobiltà  del quotidiano
 
Le sue due fonti  principali del sapere  sono la Sacra Scrittura e la vita dei Santi.
1 suoi appunti di predicazione sono intessuti di citazioni della Parola di Dio  che prende corpo e si rende visibile e feconda  nella vita dei santi. 'Dopo la Sacra Scrittura, non c'è pascolo più salutare delle vite dei santi', ripeterà  più volte.
Da San Benedetto comprese che a Dio si va con i piccoli ma costanti passi del quotidiano vissuto davanti a Dio con la preghiera e davanti agli uomini con il lavoro.
Da San Filippo Neri trasse la convinzione che una città  potesse essere cambiata dedicandosi alla gioventù, con uno stile allegro ed esigente, che rendesse simpatica la virtù.
Da San Vincenzo de Paoli imparò a servire i poveri, vedendo Cristo in  loro.
Da Santa Teresa apprese l'importanza delle preghiera prolungata che sfocia in opere, opere, opere.
Da San Francesco di Sales comprese l'arte della mitezza per toccare i cuori.
Da Sant'Ignazio di Loyola ammirò e praticò  il dovere di trafficare tutti i propri talenti per la missione affidata, oltre che trarre le norme essenziali per reggere la sua Congregazione.
Da questi insegnamenti derivò una spiritualità  atta a sorreggere e motivare la missione tra i giovani.
Da discepolo divenne maestro per la sua sintesi pratica e limpida, da trasmettere ai collaboratori, sacerdoti e laici.
Le due fonti della sua azione sono lo Spirito Santo e la diffidenza nei  confronti di sé.
Egli sa che lo Spirito Santo crea futuro, trasforma le crisi in nuove opportunità , non fa guardare con nostalgia al passato, ma proietta con fiducia nel futuro, rendendo possibile anche quello che sembra impossibile. E, in certe manifestazioni,  può essere chiamato col nome familiare di Provvidenza.
Quando intonava il Veni Creator, lo faceva con una voce tanto possente  che sembrava 'tirar giù' dal cielo lo Spirito Santo.
Ma l'umiltà  gli impedisce di voler possedere il monopolio dello Spirito  Santo e  il senso del proprio limite lo induce  a tenere un basso profilo, a confrontarsi con altri;  si circonda di collaboratori, condivide le responsabilità , non fa il tuttologo.
Manifesta la sua umiltà  soprattutto nell'obbedienza e nella gratitudine.
Compie gesti di eroica obbedienza, all'inizio dell'opera, quando il Vescovo gli chiedeva scelte che sembravano compromettere quanto stava per realizzare. Obbedà¬, lasciando fare a Dio, sapendo che Dio in questo modo fa abbandonare i nostri sentieri per immetterci sulle sue vie.
Considera la gratitudine, cioè il riconoscere l'apporto degli altri a quanto ha potuto realizzare, come 'la massima virtù', nella consapevolezza che tutto è dono e tutto va preso in rendimento di grazie
E mentre pratica e insegna la gratitudine verso benefattori e collaboratori, a partire dal Datore di tutti i beni, avverte che è necessario praticarla, ma non pretenderla.
 
 La nobiltà  del lavoro
 
Costatando  che la povertà   più pericolosa è quella interiore, che blocca sul presente, che  smorza la fiducia e non proietta verso il futuro, ha inculcato ai suoi giovani l'orgoglio di entrare nella nobiltà  del lavoro, una nobiltà  aperta a tutti quelli che vogliono costruirsi un domani con le loro capacità  e con l'impegno dei loro talenti, accessibile a chi ha coraggio, a chi sa lottare, a chi ha nobiltà  di sentimenti e un cuore magnanimo.
Nobiltà  è fare bene il proprio lavoro, unendo competenza, onestà  e cortesia.
Nobiltà  è non deprimersi nell'insuccesso, né esaltarsi nel successo.
Nobiltà  è essere fedeli alla parola data, pronti a chiedere perdono quando si sbaglia, pronti a concederlo quando è richiesto.
Nobiltà  è saper guardare a Nazareth deve il Figlio di Dio ha reso santa la fatica dell'uomo con il suo sudore e la sua pazienza.
Insegna queste cose ai suoi ragazzi con le parole e con l'esempio, sempre in moto, ma senza affanno, sempre conteso, ma il più possibile allegro e sereno.
 
Le scalinate della sua bella Chiesa
 
Al centro dell'Istituto Artigianelli, Padre Piamarta costruisce una bella chiesa, che svetta sugli altri edifici.
Al mattino prestissimo sale le gradinate, entra per primo nella sua chiesa e, solo si immerge per ore (sà¬, per almeno  tre  ore) nella preghiera. Poi, rafforzato, scende le scale per incontrare ragazzi, collaboratori, insegnanti, maestri di officina, fornitori, tecnici, per ascoltare richieste di aiuto, per discutere su nuovi macchinari, per  correre dietro alle cambiali che scadono, per parlare di Dio,  del quale voleva mostrare il  volto di Padre nella minuta realtà  di ogni giorno.
Il suo tempo è inizialmente  conteso tra pietas et labor, tra immersione nel divino e immersione nell'umano, tra salire le scale dell'intimità  divina per avere poi la forza di discendere a servire l'uomo.
Col passare del tempo le due dimensioni si arricchiscono e si avvicinano fino a fondersi: una vita animata dalla preghiera e una preghiera che si concretizza  nei campi dell'educazione, della formazione al  lavoro e alla famiglia, nel seminare il Vangelo nel cuore di chi lo avvicina.
Questa  rara sinergia tra impegno umano e fiducia nella Provvidenza, sarà  sorgente di creatività : l'Istituto Artigianelli preparerà  abili tipografi, artigiani e artisti del ferro e del legno, meccanici ed elettricisti. E anche buoni cristiani.
La Colonia agricola di Remedello sarà  un faro per l'agricoltura del suo tempo, oltre che un aiuto ai parroci a promuovere la classe contadina, attraverso il periodico La famiglia agricola.
La  Queriniana diventerà   inizialmente la tipografia della florida stampa cattolica di Brescia, poi una editrice che allargherà  progressivamente i suoi orizzonti.
Nel 1902  sarà  approvata la Congregazione maschile, intitolata alla Famiglia di Nazareth, che esprime eloquentemente  la sua  preoccupazione per la famiglia, ma anche l'ideale di una convivenza familiare dei suoi collaboratori e del suo stile di educazione.
Con Madre Elisa Baldo darà  origine verso la fine della sua vita anche alla Congregazione femminile, che prenderà  il nome 'Umili Serve del Signore'.
E come la sua presenza inciderà  nella società  bresciana del suo tempo, cosଠi suoi continuatori  porteranno il suo spirito, fonte  di evangelica  intraprendenza, in varie parti dell'America Latina e dell'Africa.
Muore il 25 aprile 1913. Il Vescovo di Brescia scriverà  ai confratelli: 'Voi avete perso un padre, io un amico, la diocesi un santo prete'.
La stampa laica lo considera un insigne  benefattore che ha dato alla città  le maestranze più qualificate, i suoi ragazzi  lo ricordano come un condottiero dal cuore di mamma, i suoi figli spirituali un Padre affettuoso e illuminato.
E la Chiesa, a cento anni dalla morte,  lo proclama santo, facendone uno dei maestri  per il nostro tempo.
 
Un bilancio fatto da un grande Vescovo
 
In occasione del XXV dell'Istituto Artigianelli,  monsignor  Geremia Bonomelli, Vescovo di Cremona, suo insegnante, confidente e amico, scriveva ai confratelli:
'Quali prodigi di carità , di prudenza, di destrezza, di zelo veramente cristiano Padre Giovanni Piamarta ci ha mostrato nel corso di mezzo secolo di vita operosissima!
Egli è il sacerdote che richiedono i tempi nuovi: noncurante di sé, solo inteso al bene altrui senza distinzione, specialmente della  gioventù.
Alieno dalle lotte partigiane e politiche, pronto a stendere le mani amiche a quanti amano il bene, a dimenticare le offese e vendicarsi con i benefici: nacque povero, visse povero e povero ha valicato i settanta anni. Con raro esempio raccolse le simpatie e l'affetto di tutti, senza ombra di partito.
Quanti giovani ha ricondotto sulla retta via! Quante lacrime ha asciugate! Quanti genitori ha consolati, restituendo loro i figli riabilitati con il lavoro e con la pietà  cristiana'.
 
Un vero maestro per il nostro tempo, che aiuta a scoprire la nobiltà  del quotidiano, riscattato dal lavoro, elevato dalla preghiera, trasfigurato dall'amore.
 
P. Pier Giordano Cabra

       

 

O Dio misericordioso,

che hai suscitato  in San Giovanni Battista Piamarta,
sacerdote illuminato e fervente,
la sollecitudine per l'educazione dei giovani alla vita cristiana,           nel lavoro, nella famiglia e nella società ,
concedi che, per sua intercessione, possiamo vivere ed operare
nel tuo amore provvidente di Padre
e sentire la forza del tuo aiuto
per conseguire la beatitudine eterna.
E concedici anche, per sua intercessione,
la grazia che fiduciosi ti chiediamo.
Per Cristo nostro Signore. Amen.

 
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